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Questa, in effetti, non è una ricetta tipicamente siciliana, e ogni regione italiana ha la propria versione (anche se con variazioni minime). Ad ogni buon conto, qui si trova sulla carta di quasi tutti i ristoranti di pesce, ed è uno dei piatti preferiti a casa mia: motivo di garanzia!
A me sembra abbia un’aura da ristorante, sospetto per un retaggio della mia educazione britannica. A noi inglesi, infatti, qualunque cosa servita nel proprio guscio sa di esotico (persino le cozze o il granchio; vi lascio immaginare come ci suggestionino le aragoste e le ostriche). Mentre magari l’abbiamo mangiata durante le vacanze in Francia, una volta rientrato in patria, non ricordo di aver mai tolto nemmeno un gambero dal suo carapace. Il pesce l’ho sempre visto già sgusciato e cotto al vapore o bollito oppure impanato o addirittura fritto in pastella. In realtà, ritengo di non essere stato il solo a pensare che gli scampi nascano nel pangrattato.
La cosa peggiore di tutte, senz’altro, era quel pesce lasciato ad ammorbidire nell’olio e in una dubbia salsa di pomodoro che, per completare l’opera diabolica, era anche inscatolato. Sì, sto parlando delle sardine. Oddio, un inferno in Terra (e in tavola!). Ancora a tanti anni di distanza, mi chiedo se questa roba circoli ancora, oppure se la gente vi abbia rinunciato per qualcosa di più umano, come l’auto-flagellazione.
Confido che le cose siano cambiate. Ciononostante, il pescato appena sottratto al mare, ancora vivo e nascosto nel suo guscio sa tutt’oggi di lusso, di neroniana decadenza. La buona notizia è, invece, che questo piatto si può tranquillamente realizzare anche a casa. Uno dei segreti – che ovviamente non è un segreto per tutti – è quello di utilizzare il miglior olio d’oliva in circolazione, dato che costituisce la parte fondante dell’intingolo.
Sono due le versioni principali – coi pomodori o in bianco. Io preferisco la seconda, ed è quella che vi porgerò. Nelle rare occasioni in cui mi va di utilizzare i pomodori, ne scelgo un paio ben maturi, li privo dei semi e, una volta tagliati a dadini, li aggiungo. Ma solo all’ultimo minuto di cottura o giù di lì, in modo che non si spappolino diventando una salsa vera e propria.
Le altre varianti consistono praticamente solo in ritocchi alla lista degli ingredienti, che elencherò come opzioni, qui di seguito. Il primo è il peperoncino. Ve lo raccomando non solo perché ne sono dipendente in maniera conclamata ma soprattutto perché il suo pizzico infuocato fa da contrappunto alla dolcezza delle vongole. Questo ingrediente è l’aggiunta che va per la maggiore, ed è infatti considerato essenziale da molti. Poi passiamo ai concorrenti più controversi. Il burro, per esempio. Di certo, un po’ di burro rende la salsa vellutata e cremosa, ma davvero non credo sia quello che serve alle vongole. Ho provato. Ma non fa per me. Io preferisco che ad accompagnare il mio pesce sia il gusto limpido e fresco dell’olio d’oliva. Il rosmarino d’altronde, anche se non ortodosso, sicuramente funziona, poiché esprime una legnosa nota balsamica che si integra perfettamente con l’aglio infuso nel sugo delle vongole.
Annotate: una cosa su cui tutte le migliori ricette di spaghetti alle vongole convergono è l’importanza di scolare la pasta prima che sia completamente cotta. Questo accorgimento permette di finire la preparazione nella salsa resa intensa dalle vongole, dal vino e dall’erboso olio profumato dall’aglio, così da trattenerne tenacemente tutto il sapore.
Questo piatto fa coppia perfetta con una bottiglia di Grillo, soprattutto s’è possibile procurarsi il Tasca d’Almerita dell’isola di Mozia, che ha una mineralità attraente e sfumature salmastre, così come i sentori floreali tipici del vitigno in questione.
Dosi per 4 persone
- 1 kg di vongole col guscio
- 400 gr di spaghetti
- 2 spicchi d’aglio, sbucciati e affettati finemente
- 1 mazzetto di prezzemolo tritato
- 3 cucchiai di olio extra vergine di oliva
- 100 ml di vino bianco, secco
- 1 cucchiaio di rosmarino fresco tritato (facoltativo)
- un pizzico abbondante di peperoncino in polvere (facoltativo)
- una noce abbondante di burro (facoltativo)
- sale e pepe nero macinato
- Lavate bene le vongole, scartando quelle già aperte, che non hanno alcuna intenzione di chiudersi nemmeno se le costringete.
- Cuocete la pasta in abbondante acqua bollente e salata, calcolando due minuti in meno del tempo indicato sulla confezione. Utilizzate una pentola con coperchio (fidatevi, vi servirà più avanti).
- Mentre la pasta cuoce, rosolate dolcemente l’aglio in una padella a fuoco basso per un paio di minuti in olio d’oliva, insieme al peperoncino e/o rosmarino se preferite. Togliete dal fuoco. Questo è il momento di aggiungere il prezzemolo e il burro, se si è scelta questa opzione.
- Mettete da parte un mestolo abbondante d’acqua di cottura della pasta, quindi scolate quest’ultima quand’è parzialmente cotta.
- Mettete nuovamente la pentola sul fuoco, e aggiungetevi le vongole, il vino e gli spaghetti scolati. Condite bene con sale e pepe. Coprite (l’avevo detto che il coperchio vi sarebbe servito più in là!) e cuocete a fuoco medio per un paio di minuti, agitando di tanto in tanto, fino a quando le vongole si apriranno.
- Togliete il coperchio, quindi aggiungete alla pasta l’olio e gli aromi. Fate andare ancora per un altro minuto o giù di lì, finché la pasta sarà cotta al dente, aggiungendo un poco d’acqua di cottura lasciata da parte, qualora riteniate il sugo stia per stringersi troppo.
- Distribuite la pasta nei piatti, versando su ciascuno una cucchiaiata scarsa del meraviglioso sugo che, nel frattempo, si è raccolto sul fondo della pentola.
E non dimenticate di mettere un grande piatto al centro del tavolo dove ciascun commensale potrà mettere via i gusci vuoti.