abbuffata di Natale

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Eccoci di nuovo qua, dopo le feste! Trascinandomi fuori dalla scena del crimine che è la mia cucina, dopo aver passato tre settimane cucinando e sbafando in quantità che amo definire epiche, mi sento di nuovo in grado di affrontare il tema “cibo”.

Sicuramente vi aspetterete un resoconto, colpo su colpo, delle mie avventure gastronomiche, ma sarebbe un po’ come chiedere a Omero di trasformare L’Odissea in un libretto di Mr. Men, o pretendere da Manzoni un riassunto dei Promessi sposi sotto forma di haiku. Ovvero: impossibile. Del resto, come la mia famiglia sia riuscita a consumare così tanta roba senza l’aiuto di un buco nero, francamente, rimane un mistero. Così, dovrete accontentarvi di piccoli e velati accenni sulla terribile verità. Come dice Dylan, con la sua solita perspicacia, “C’è un limite che la mente umana può reggere”.

Ma iniziamo dal principio. I risultati del mio sondaggio su facebook “Cosa mangiano i siciliani a Natale?” mi hanno portato alla conclusione che il consenso in materia è troppo rarefatto. L’unica convergenza di opinioni si limitava a due persone che sostenevano di mangiare usualmente polpettone al sugo per il 25. E, ad essere sinceri, due non è proprio un consenso popolare. Altri prediligevano il pesce, altri ancora la carne o le fritture miste, consumate di solito la sera della Vigilia (vedi sotto). Ho scoperto che alcune famiglie mangiano addirittura il tacchino, all’inglese.

La Vigilia, invece, si è rivelata un baluardo di tradizione, in cui è la frittura a primeggiare quasi all’unanimità: vanno per la maggiore le frittelle di verdure e il pesce, soprattutto il baccalà. Così mi sono adeguato agli isolani, preparando cardi fritti, frittelle di cavolfiore e baccalà in pastella per la sera del 24. Mentre ho mangiato quello che mi pareva il 25: ovvero capone arrosto, in perfetto Victorian English Christmas Style.

Certo, potrei darvi le ricette dei cardi fritti, del baccalà in pastella e tutto il resto ma, ad essere sincero, non ce la faccio. Almeno fino a Pasqua, credo di non riuscire nemmeno a pensarla, la frittura. (affermazione comunque soggetta a revisione, con ogni probabilità già dalla prossima settimana).

Per quanto riguarda il Capodanno, l’impresa di stabilire quali fossero le tradizioni locali si è fatta ancora più ardua e, nonostante i miei sforzi, non sono riuscito a cavare un menù dal buco. Così ho ripiegato sulla scelta tradizionale (ma essenzialmente emiliano) che prevede cotechino e lenticchie. E, vista l’esiguità di specialità autoctone relative a questo periodo, il giorno di Capodanno ho deciso di abbandonare l’impegno “o siciliano o niente” per apprestare un antipasto tutto mio. Non ha niente a che vedere con la tradizione ma, dato che gli ospiti sembra abbiano molto apprezzato, ugualmente condividerò con voi il mio breve e scandaloso flirt con delle deliziose, seppur malviste, influenze d’Oltralpe.

Prima, però, ho preparato delle mandorle. Venite con me!

 Tostatele a fuoco lento in una grande padella con un goccio di buon olio, del rosmarino fresco tritato, qualche spicchio d’aglio, sale marino e un pizzico di peperoncino: provocano assuefazione come nessun’altra sostanza attualmente legalizzata. Perfette con un bicchiere di sherry, dello spumante o anche una birra se preferite. Qualunque sia il veleno che sceglierete, avrete bisogno di qualcosa – richiamano a gran voce un accompagnamento da sorseggiare. A proposito, si potrebbero anche utilizzare le mandorle pelate ma, personalmente, preferisco il gusto più pieno e la croccantezza di quelle non sgusciate, per non parlare del colore di gran lunga più invogliante.20140101_162800Così, dopo esserci coccolati con dello spumante (Les Crêtes, dalla Val d’Aosta, visto che chiedete e delle mandorle salate, è il momento di passare all’antipasto. È nato come una classica insalata da bistrot francese di scarola e pancetta, ma poi ha acquisito un’identità tutta sua. La combinazione di consistenze diverse – morbido, croccante e cremoso –, e di frutta dolce, formaggio salato e pancetta, è perfetta per risvegliare le papille gustative. Quello di cui avevo proprio bisogno, visto che a seguire ci aspettavano: pasta al sugo di maiale, maiale con purè di patate e broccoli stufati, poi panettone, pignolata, stella di Natale, torroncini, frutta fresca e secca…e così via, fino al mattino…

Insalata di Capodanno non proprio sicula

Dosi da antipasto per 12 (sì, lo so, ma eravamo proprio in 12…)

  • 1 scarola, lavata, asciugata e strappata a pezzi grandi con le mani.
  • 30 noci, sgusciate e spezzate in pezzi grossi
  • 1 melograno
  • 250g roquefort, sbriciolato in pezzi grandi quanto una ciliegia
  • 250g guanciale o pancetta, ridotto a fiammiferi

Per il condimento della scarola:

  • 2 cucchiai del grasso di cottura del guanciale
  • 1 cucchiaio di olio di noci
  • 2 cucchiai di olio extravergine di oliva
  • 1½ cucchiai di glassa balsamica al melograno (era quella che avevo in casa, miracolosamente, ed è una goduria, ma andrebbe bene anche una glassa/riduzione balsamica semplice, o al limite qualche goccia di un buon aceto balsamico)
  • 1 cucchiaio di succo di melograno
  • un pizzico di sale marino
  • pepe nero, macinato fresco, q.b.

Per la salsa al formaggio:

  • 100g di gorgonzola dolce
  • 100g di mascarpone (o al limite di Philadelphia)
  • 100g di yogurt magro non dolcificato (non si tratta di un disperato tentativo di ridurre il conto delle calorie, una sorta di “big tasty, patatine maxi e una Coca-Cola Light”; no, ormai avevo superato il punto di non ritorno da un bel pezzo. Semplicemente, meno grassi ci sono, più lo yogurt è liquido, a meno che non sia greco. E qui serve proprio a diluire)
  1. Friggete il guanciale con pochissimo olio d’oliva (di suo, rilascia già un bel po’ di grasso) fino a diventare croccante. Toglietelo con una schiumarola e trasferitelo su carta da cucina per assorbire l’olio in eccesso, conservando qualche cucchiaio del grasso rimasto in padella, che vi servirà per il condimento dell’insalata.
  2. Mentre il guanciale è in cottura, spaccate il melograno in due e raccoglietene i chicchi. Lavorate in una ciotola, in cui si raccoglierà il succo di melograno che ne verrà inevitabilmente fuori.
  3. Lavorate insieme il gorgonzola e il mascarpone con una forchetta, finché non otterrete una crema liscia, senza grumi. Aggiungete lo yogurt, poco alla volta, mescolando fino a quando non otterrete una salsa densa ma abbastanza liquida da essere versata.
  4. Mettete la lattuga in una ciotola grande, calcolando una manciata per commensale (potete fare una verifica disponendone un po’ su di un piatto per vedere se, ad occhio, vi sembra la quantità giusta). E’ difficile dire se ci vorrà tutta la scarola, perché le dimensioni variano molto. Nel mio caso ne è bastata metà.
  5. Per il condimento della scarola, bisogna semplicemente sbattere insieme tutti gli ingredienti in una piccola ciotola. Condite quindi la scarola, mescolando bene.
  6. Distribuite la scarola nei piatti. Aggiungete il guanciale, le noci e il roquefort. Versate sopra ogni piatto un po’ della salsa al formaggio e guarnite con i chicchi di melograno.

Lo so, è piena d’olio, formaggio e noci. Per non parlare del guanciale. Ma almeno ha un aspetto verde, e c’è anche un po’ di rosso. Ed è, in qualche modo, un’insalata. Coraggio, dateci dentro, mettendo da parte il senso di colpa, mentre cercate di convincervi che la dieta post-natalizia sia già iniziata…

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(traduzione di Maria Rizzo)

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